1Il volume, pregevole nella sua rifinitura e ricco di riferimenti interni, si articola in tre macrosezioni, rispettivamente dedicate a La popolazione dell’oltretomba (pp. 1-26), Il rituale funerario (pp. 27-106) e Il sepulchrum e il locus religiosus (pp. 107-172). Quest’ultima ospita anche Qualche riflessione di sintesi (pp. 169-172), in cui vengono enucleati singoli spunti emersi nello sviluppo del discorso. Un ricco e variegato Indice bibliografico (pp. 173-220), una tavola delle Abbreviazioni (p. 221) ed un Indice delle fonti diviso per tematiche (giuridiche, letterarie ed epigrafiche, pp. 223-230) corredano il testo, garantendone una lettura più agile e documentata.
2Un pregio intrinseco è rappresentato dal fatto stesso che le argomentazioni poggiano costantemente su un solido e poderoso apparato testimoniale, con un equo bilanciamento di documenti antichi e moderni. Una distinzione basilare, segnalata a p. 6, si ricava dalle Institutiones di Gaio (2, 4): le res sacrae sono consacrate ai Superi (scil. Dei), mentre le res religiosae sono rimesse ai Manes, dunque per converso agli Inferi. Seguono altri riferimenti particolarmente rilevanti sul piano orientativo, anch’essi da intendersi come la premessa spontanea di successivi enunciati: il sostantivo religio, ad esempio, informa di sé «le cose lasciate in disparte, non soggette all’azione dell’uomo, e che per questo motivo dovevano essere necessariamente separate dal mondo dei vivi»1. Alla base vi sarebbe dunque il radicale del verbo relinquo, «lascio» (gr. λείπω), il che dà adito ad uno spettro davvero ampio di implicazioni, dal momento che, com’è noto, la ricostruzione etimologica di questo termine cruciale non è ancora esente da dubbi2.
3Gli argomenti trattati sono costantemente corredati da una casistica varia ed articolata di note a piè di pagina, come quella relativa al magistero di Mario Talamanca sul commercium (ed in particolare sulla estraneità delle res divini iuris rispetto ai rapporti giuridici privati e la conseguente attribuzione della definizione di res extra commercium)3; o il riscontro dettagliato del discorso tenuto dal «narratore simposiale» Nicerote nel Satyrikon di Petronio4; o il rinvio ai contesti relativi ai morts malfaisants, distanti nel tempo ma sostanzialmente equipollenti e affini5, exemplum paradigmatico dell’impostazione metodologica seguita nell’opera6; ovvero le note esplicative di altri concetti di basilare importanza nel sistema giuridico e religioso romano, quali il mundus, «la misteriosa fossa circolare rituale scavata, come si pensa, al momento della fondazione della città»7, la pax deorum8, il funus acerbum9, le leges sumptuariae10, le imagines maiorum11, il precetto decemvirale hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito12, il concetto di sepulchrum13 e la distinzione programmatica tra locus religiosus, ossia atto ad ospitare le reliquiae hominis14, e purus, cioè «né sacro, né santo, né religioso», con la conseguenza che «apparteneva al ius humanum e sottostava alle sue regole»15.
4Spesso è dato rinvenire nel testo excursus che non si limitano ad integrare i concetti fondamentali, ma li arricchiscono pregevolmente, sviscerando i dati salienti dei temi trattati: sempre a titolo di esempio si può menzionare l’articolata casistica relativa al riconoscimento del iustum sepulchrum in fattispecie specifiche, come quella dello status servile16, degli esseri prodigiosi17 e dei nati-morti18, il che consente di concludere che «quella che veniva in considerazione ai fini del riconoscimento del carattere religioso del locus era la persona in qualsiasi suo declinare, considerata tale nella vita e nella morte»19. In perfetta armonia con questa chiave di lettura è anche il riferimento al pieno godimento da parte dell’hospes della tutela necessaria in caso di malattia e del ius sepulchri in caso di decesso, in quanto libero esponente di una comunità civica degna del massimo rispetto20.
5Occorre peraltro segnalare che non di rado l’analisi attenta e documentata delle fonti consente di pervenire a conclusioni indipendenti e significative. Si pensi, in chiave programmatica, all’«assunto che per il diritto non era tanto considerevole la pratica di trattamento utilizzata, quanto il corretto svolgimento del rituale funerario, perché solo in tal modo, sussistendo i requisiti prescritti dal ius civile, poteva avvenire la trasformazione del luogo interessato in un locus religiosus»21; o alla critica serrata dei «motivi ‘ambientalisti’» arbitrariamente trasposti dal presente al passato22; o alla lettura integrata dei tratti sostanziali del diritto pontificale, che «esigeva il rispetto di un complesso rituale per assicurare al defunto una giusta sepoltura, idonea a rendere pace alla sua anima, e ad includerlo nel novero degli Dei familiari», e del diritto civile, sostanzialmente ispirato «dal punto di vista del regime giuridico dei beni» e quindi dal rilievo conferito all’exitus sotto il duplice binario religioso e giuridico-economico23; o ancora al taglio prospettico decisamente assertivo con cui si fa cenno alla prossima uscita di nuove pubblicazioni, previste o in corso di stampa, segno evidente di una immersione a tutto tondo nella materia trattata24.
6In considerazione di quanto è finora emerso, si può dunque concludere che il testo procede secondo un impianto metodologico costruttivo e ragionato, obbedendo a parametri scientifici di prim’ordine e richiamandosi costantemente anche per questa ragione alla produzione degli autori che si sono già occupati dei temi di volta in volta affrontati, e non solo sotto il profilo segnatamente giuridico.