1Nel 2021 si celebrano i quarant’anni dalla fondazione del Centro Internazionale di Studi Gentiliani a San Ginesio (Macerata), istituita con lo scopo di valorizzare e continuare le ricerche su Alberico Gentili (1552-1608), regius professor of civil law ad Oxford e tra i più importanti giuristi per la formazione del diritto internazionale moderno1.
2Il Centro Internazionale di Studi Gentiliani, di cui il professore Luigi Lacchè è il Presidente, tra il 2018 e il 2020 ha pubblicato ben quattro volumi che sotto diverse angolature si occupano di Alberico Gentili, della sua teoria sullo jus post bellum, del contesto Europeo in cui visse, attraverso anche l’analisi degli aspetti legati alla sua famiglia, presentando le ricerche effettuate sul fratello minore Scipione, giurista e letterato, nonché la traduzione in italiano di alcune letture virgiliane dedicate al figlio Roberto.
3Francesca Iurlaro, già vincitrice nel 2012 del Premio Alberico Gentili, ha infatti tradotto ed effettuato un’edizione critica con note e una ricca introduzione del Lectionis Virgilianae Variae Liber. Ad Robertum filium pubblicato ad Hanau nel 16032. Si tratta di un’opera che è sempre rimasta nell’ombra, poco conosciuta e che non era mai stata tradotta. Alberico Gentili, membro del Gray’s Inn e avvocato dell’Ambasciata di Spagna presso la Corte dell’Ammiragliato, con il Lectionis Virgilianae Variae Liber si rivolge al figlio, che all’epoca aveva otto anni e stava imparando a memoria lo scritto virgiliano. Gentili commenta dal punto di vista sia pedagogico sia giuridico le Bucoliche di Virgilio, sottolineando l’importanza fondamentale per la formazione culturale del figlio.
4Iurlaro acutamente investiga il complesso e discusso significato che riveste l’umanesimo nel pensiero del giurista sanginesiano, inteso, per quanto riguarda il Lectionis Virgilianae Variae Liber, come l’attenzione per Gentili ad abbracciare non soltanto il metodo ma anche la centralità nella formazione gli studi umanistici. Vengono così elaborati diversi nuclei tematici nei quali si snoda l’argomentazione gentiliana, tra cui vi è il binomio etimologia e linguaggio, considerando la grammatica per il suo intrinseco valore educativo (44) e come “un’arma potente contro l’oblio, che si insinua a poco a poco se il discente non esercita quanto ha imparato mandandolo a memoria” (48). Per Gentili, il poeta latino Virgilio è un’autorità: dai suoi versi emerge con forza l’aspetto giuridico proprio partendo dalla realtà pastorale. Viene analizzato lo status giuridico dei pastori e in particolare la problematica del furto degli alberi, della donazione mortis causa e del peculium. I pastori diventano pertanto centrali nella narrazione dell’intera storia umana in cui si alternano elementi poetici e allegorici a quelli giuridici, in un continuo ed incessante lavoro interpretativo.
5L’interpretazione letteraria e poetica è stata al centro dell’attività anche del fratello minore di Alberico, Scipione, vissuto tra il 1563 e il 1616 e considerato il primo ad aver diffuso in Europa ed interpretato la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Il volume collettaneo curato da Vincenzo Lavenia, con nota introduttiva di Luigi Lacché, raccoglie i saggi presentati nel convegno organizzato nel settembre 2016, in occasione dei quattrocento anni dalla morte di Scipione Gentili.3
6Le tematiche affrontate permettono di avere una visione ampia ed articolata dei due fratelli e del contesto intellettuale, politico, sociale e storico dell’Europa dell’epoca. Scipione, infatti, si era distinto per la traduzione parziale in esametri latini e per le annotazioni in italiano della Gerusalemme Liberata. Nel metodo e approccio di Scipione si palesa la forza della poesia unita alla concezione umanistica del diritto, nella continua tensione alla formazione (Francesco Ferretti). Viene dedicato ampio spazio a Scipione studente all’Università di Leida a partire dal 1582, dove ebbe modo di vivere in prima persona il conflitto che coinvolgeva Leida e le Provincie Unite contro Filippo II d’Asburgo, le quali giocarono un ruolo nella decisione di Scipione di lasciare la città (Alberto Clerici). Nel 1602 Scipione pubblica il De Conjurationibus in cui analizza il significato di coniuratio, commentando il Codice Teodosiano, la lex quisquis del 397 emanata da Onorio e Arcadio, confluita nel Codice Giustinianeo, fornendo anche molti esempi storici (Cornel Zwierlein).
7Letteratura e diritto caratterizzano i due fratelli, Scipione ed Alberico, che dall’interpretazione di alcuni passaggi dell’opera di Tasso riescono ad affrontare acutamente diverse questioni diplomatiche, legate al significato assunto dai concetti di dignitas ed immunitas, partendo dai giuristi del Trecento sino ad arrivare al carattere moderno del diplomatico, che prese forma con il Congresso di Vienna (Claudia Storti). Nell’Ottocento infatti il diritto diplomatico e consolare e soprattutto il tema delle capitolazioni vengono a delinearsi all’interno di costante tensione tra le nazioni civili e le nazioni escluse del concetto europeo di civilizzazione, basti solo pensare al Trattato di Parigi del 1856 con cui la Sublima Porta entrò a fare parte dei vantaggi del diritto pubblico europeo (Eliana Augusti). Il problema della diplomazia e delle immunità ha caratterizzato, come è noto, l’attività di consulente di Alberico, temi che ancora oggi si presentano come attuali e che coinvolgono non soltanto le corti nazionali ma anche la Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja e le diverse istituzioni europee: il fine è la continua cooperazione internazionale per un proficuo ed incessante dialogo (Sir Michael Wood).
8Alberico Gentili, il contesto europeo, le tensioni religiose dell’epoca e la sua fortuna tra Sei e Settecento sono l’oggetto del volume di Stefano Colavecchia4. Il fil rouge che attraversa le pagine della monografia è il rapporto tra religione e diritto e tra politica e religione, analizzato da Colavecchia nelle diverse fasi della formazione e della vita di Gentili, partendo da San Ginesio sino all’arrivo ad Oxford. Nel De iure belli libri tres ma anche nel De legationibus “vengono alla luce la laicizzazione relativa al diritto e politica e il sostrato simbiotico di teologia e giurisprudenza” (105). Essi vengono letti in un’ottica più ampia, inerente al compito fondamentale esercitato dal principe: la conservazione dello stato.
9La rilettura della fortuna di Gentili in Italia e in Europa permette criticamente di riflettere sulla complessa recezione del suo pensiero, con attenzione all’Inghilterra, dove nel Settecento era stato quasi dimenticato, ai territori tedeschi, dove spesso appariva legato alla circolazione di Machiavelli. Il binomio Gentili-Machiavelli caratterizza il contesto italiano: Colavecchia acutamente investiga sull’influenza gentiliana nel pensiero di Giovanni Maria Lampredi nel famoso trattato Del commercio dei popoli neutrali in tempo di guerra edito nel 1788 e di Giuseppe Galanti, ad esempio, nel suo Elogio Storico di Niccolò Machiavelli del 1779. L’eredità di Gentili giuntaci “attraverso un intricato percorso carsico” deve essere intesa con un continuo stimolo “a non lasciare inesplorato l’importante ambito di ricerca della fortuna ‘sommersa’”, per permettere una completa ricostruzione non solo del suo pensiero ma anche delle diverse interpretazioni (215).
10Il volume edito da Luigi Lacché e Vincenzo Lavenia investiga sul tema dello jus post bellum, raccogliendo gli atti della XVIII Giornata Gentiliana, svoltasi a San Ginesio il 21 e 22 settembre 20185. Il concetto dello jus post bellum fa emergere una serie di riflessioni che coinvolgono non soltanto il diritto e la diplomazia, ma soprattutto la politica in chiave storica e contemporanea. Nel momento in cui cessano i conflitti armati si delineano diversi scenari nei quali si sviluppano diverse e complesse trattative che portano progressivamente alla pace. Secondo Alain Wijffels, il De iure Belli è considerato il “primo trattato sistematico sullo ius post bellum nella storia del diritto” (33)6, perché riesce a racchiudere in sé le diverse tradizioni sul diritto bellico e la trattatistica politica pubblicata nel corso del Seicento. Luigi Nuzzo s’interroga su come sia possibile ricostruire una “pace giusta” al termine di un conflitto, soffermandosi sul rapporto tra diritto e morale, proprio perché rispetto allo jus ad bellum e allo jus in bello, lo jus post bellum è interamente proiettato verso il futuro, la pace e il suo mantenimento. Alessandro Colombo definisce lo jus post bellum una “strada stretta” e dai “confini incerti” (61), analizzando, in chiave contemporanea, quanto i fattori politici siano determinanti nelle trattative di pace e nella definizione dell’ordine internazionale globale. Guido Bartolini, invece, affronta il tema delle riparazioni di guerra partendo dall’opera di Gentili sino ad arrivare ai nostri giorni, concentrandosi sulle decisioni internazionali soprattutto al termine del primo conflitto mondiale, con il Trattato di Versailles del 1919 e le riparazioni di guerra imposte alla Germania. Mario Pertile criticamente discute come nell’ottica contemporanea sia possibile “ripensare” la categoria dello jus post bellum, individuando e circoscrivendo la sua “fallacia semantica”. Insieme allo jus ad bellum e allo jus in bello, lo jus post bellum fa parte “di una struttura normativa simile”, ma in realtà la costruzione delle diverse tappe post-conflitto “resta un gruppo eterogeno di norme dal contenuto variabile” (138-139). Samuel Wordsworth presenta invece tre diversi e importanti case study tra Inghilterra, Iraq e Afghanistan, con particolare attenzione all’accusa di crimini di guerra e tortura, che ha avuto di modo di affrontare con avvocato internazionalista: pratica e dottrina si fondono negli interrogativi riguardanti le immunità, la giurisdizione (internazionale o nazionale) competente e il contestuale diritto applicabile.
11I quattro volumi editi dal Centro Internazionale di Studi Gentiliani arricchiscono in modo significativo gli studi su Alberico Gentili e permettono di riflettere sulla veste del giurista di oggi all’interno della società. Nel particolare momento storico in cui stiamo vivendo e che sta mettendo in discussione l’idea stessa di globalizzazione, leggere e rileggere Alberico Gentili ci impone di affrontare il tema della centralità degli studi umanistici per la formazione non solo culturale ma anche politica e sociale, nella costante consapevolezza del ruolo esercitato dal diritto e dall’intima relazione con il linguaggio.